Alan Carboni, in quanto coach di pallacanestro in un paese come Vergato, è merce più che rara, unica. Fino a qualche anno fa, esisteva un brevetto unificato per istruttore minibasket ed allenatore basket. Ora non più. Se da un lato è giusto che ci sia più specializzazione, quindi una persona può scegliere e migliorarsi nel campo di competenza, da un altro c’è eccessiva distanza fra le due strade.
Senza nulla togliere (anzi!) a chi si ferma ad essere istruttore, fare il passo per cominciare la carriera di allenatore significa buttarsi in tutta un’altra dimensione. Da qui le tre paroline del titolo.
Passione: ce ne vuole tanta per intraprendere un cammino che già si sa essere lunghissimo.
Impegno: grande, su tutti i livelli. Se lo si vuole fare con coscienza assorbe tempo in misura esorbitante, soprattutto nelle società maggiori, e ha anche un costo economico tutt’altro che piccolo. Però, in fin dei conti arriviamo qui: sogni. Sentite un po’.
“Il mio sogno è, un giorno, arrivare ad allena0re mio figlio. O mia figlia. Mi incuriosisce il lato femminile della palla a spicchi. Magari fra vent’anni. Per allora avrò da un po’ passato i cinquanta. Quindi un’età in cui la maggior parte dei coach è nella piena maturità”.
Bello che si guardi così avanti, non è da tutti. Torniamo però un attimo al presente. Non vogliamo certo tracciare un bilancio ora, ma siamo dentro ai tuoi obiettivi?
“Difficile rispondere. Però preferisco pensare da qui in avanti. Sicuramente, e la partita di Budrio ne è esempio, c’è da lavorare tantissimo sui tiri e avere solo due canestri in palestra ci limita molto”.
Come sai, non ci hanno concesso di montarne due supplementari, che sarebbero serviti fra l’altro non solo a noi.
“Lo so, ed è un gran peccato. Dovrò trovare altre strade, perché io ho un grande difetto: mi fermo spesso a curare anche solo un ragazzo alla volta, gli dedico tempo. Anche se ne ho poco. A volte capita che mi fermi con uno e ne trascuri un altro, ma poi viene il turno di tutti. Ognuno è importante.”
Beh, diciamo che proprio difetto non lo chiameremmo, comunque non è solo questione di abilità nel tiro. Mi viene in mente che le squadre contro cui giochiamo, e non parlo solo di Under 15, mostrano sempre quel quid di aggressività in più. Perché?
“Selezione. Ma non parlo tanto di avere molti atleti a disposizione, quanto proprio di operare una scelta dei ragazzi che fanno parte di una squadra. Perciò una volta raggiunto un numero soddisfacente, diciamo 12-15 atleti che siano ciò che la squadra vuole, si chiudono le porte. Poi magari c’è una lotta fra società per i migliori. Quindi pescano sì da molti ragazzi all’inizio, ma scremano parecchio e gli altri vengono scartati”.
Capisco. Ma è in perfetta antitesi con quello che inseguiamo noi, potere dar spazio a più ragazzi possibile. Ce ne faremo una ragione! Come pensi di lavorare da qui in vanti?
” Salirà il livello di severità da parte mia. Ho visto un gruppo in cui la maggior parte dei ragazzi si impegna davvero molto, e non c’è nessuno che si dimostri davvero svogliato. Ma volere fare salti di qualità presuppone qualcosa di ulteriore. Tutto in un’ottica di crescita, ma bisogna essere preparati a fare sacrifici”.
Tornando alla partita di Budrio, cosa ti ha stupito?
“Se lasciamo da parte un attimo i ragazzi, che sanno bene cosa penso, mi voglio complimentare con l’arbitro che è stato letteralmente fantastico, molto molto bravo. E poi, devo dire di essere rimasto sorpreso dall’atteggiamento dei genitori. Li ho trovati sorridenti e tranquilli dopo la partita. Ed è stato proprio bello”
Puoi dirlo forte, se cerchiamo di fare qualcosa di speciale, l’aiuto dei genitori è per noi fondamentale. Avere meno tensioni possibile aiuta i ragazzi. Concludiamo con un po’ di futuro. Come vedi il vostro?
“Per quest’anno voglio grande impegno. Da tutti. Io per primo ci metto la mia parola che ogni ragazzo che verrà convocato avrà non meno di sei minuti per partita. Potranno essere di più, mai meno. Saranno magari non consecutivi, ma verranno garantiti. Altri discorsi preferisco non farli, ma ovvio che cercheremo di vincere, ci mancherebbe altro. Però guardo tanto al prossimo anno, con i nostri numeri e con qualche collaborazione vorrei tanto riuscire a fare una squadra a e una squadra b. Per affrontare due campionati distinti e dare più opportunità a tutti. Non è solo un sogno, è una possibilità. E poi, ma rimaniamo all’oggi, mi sto organizzando per portare la squadra a vedere partite non solo di serie A o A2, ma anche della nostra categoria, però di livello assolutamente superiore. Guardando si impara. A proposito, voglio riuscire a filmare le nostre partite. Così potrò chiamare a casa mia quattro o cinque ragazzi alla volta e lavorare sui filmati.
Un’ultima cosa. Ci tengo davvero tanto a ringraziare i due Luca, Bazzigotti e Adani, che si sono rivelati collaboratori preziosi e di cui mi poso fidare ciecamente”.
Per ora è tutto, ma già sabato 5 dicembre c’è la prossima di campionato. A molto presto.
A cura di Fini Timothy