Quarta puntata della rubrica Baskettando, una rubrica a cura di Roberto Giusti dove vengono intervistati settimanalmente atleti, allenatori e dirigenti della Polisportiva Zanni di Vergato. Un servizio nuovo ed inedito per restare sempre connessi e vicino ai ragazzi e per entrare sempre più nel basket vergatese.
In questa quarta uscita abbiamo incontrato l’atleta della squadra Under 14, Davide Fini, affrontando assieme a lui diversi temi, tra cui il basket americano e il razzismo nello sport.
Davide, partiamo subito da una domanda simpatica per rompere il ghiaccio. Raccontaci del tuo nuovo soprannome “cavalletta”.
Me l’ha dato il nostro allenatore Sasha perché durante le azioni di difesa e di attacco, quando mi muovo, faccio sempre dei piccoli passi o saltelli, come una cavalletta.
Che nuova atmosfera si respira quest’anno in squadra?
Beh, sicuramente siamo migliorati tanto sotto vari aspetti e siamo molto uniti come gruppo. E’ aumentata la serietà e cerchiamo di dare sempre il 101% in ogni allenamento e partita. Sono sicuro che con Sasha possiamo arrivare in alto.
Dopo la sosta natalizia, tanti tortellini e tanto pandoro, riparte finalmente la stagione. Prossima gara in programma, domenica 20 Gennaio in casa contro la Ginnastica Fortitudo, Come siete messi fisicamente e mentalmente?
Fisicamente siamo messi abbastanza bene, non abbiamo avuto molti infortuni per fortuna nonostante qualche problemino generale alle gambe. Dobbiamo ancora migliorare ma siamo già concentrati per il campionato.
Quando è nata la tua passione per la pallacanestro?
E’ nata quando alcuni miei amici andavano a questi allenamenti di basket con l’allora allenatrice, Elisa Venturi, alle scuole elementari. Un giorno sono andato lì per provare, ho iniziato ad affezionarmi sempre più a questo mondo e ho continuato a giocare fino ad oggi.
Nello sport ognuno di noi ha un suo idolo. Qual è il tuo e perché?
Il mio idolo è LeBron James che ora gioca nei Los Angeles Lakers (squadra di NBA, n.d.i.). E’ il mio idolo perché fa delle giocate straordinarie, è un leader ed è una persona che si fa molto sentire, soprattutto sui social. Mi piace come giocatore perché è completo in tutti i sensi.
Sei quindi un grande appassionato del basket americano. Cosa ti piace di più della NBA (National Basketball Association) e quale squadra segui particolarmente? Quali sono i tuoi giocatori preferiti della NBA?
Quello che mi impressiona di più sono sicuramente i crossover (ottima tecnica di palleggio che ti permette di crearti uno spazio fra te e il difensore, n.d.r.) e tantissimo le schiacciate e i tiri da tre punti. Ti elettrizzano. Seguo abbastanza i Lakers per il mio idolo ma non li tifo. Diciamo che seguo tutte le squadre, non ne ho una preferita. Per quanto riguarda i giocatori, ovviamente LeBron, poi Michael Jordan, Draymond Green, Kevin Durant, Dwayne Wade, Julius Erving, Magic Johnson.
Hai spianato da poco durante un allenamento, una nuova maglia molto particolare, ovvero quella di Luka Doncic, giocatore dei Dallas Mavericks. Potremmo definirlo “illegale” sportivamente parlando per tutto quello che sta facendo vedere a soli 19 anni. Cosa pensi di questo giovane fenomeno?
Doncic nonostante la giovane età, ha comunque esperienza in quanto proviene dal Real Madrid, squadra che gioca e lotta ogni anno per l’Eurolega (è la massima competizione europea per club di pallacanestro maschili, n.d.r.). Dominò pure in quella competizione, affermandosi pure capitano e trascinando in alto la squadra spagnola. Con Doncic ovviamente i Dallas sanno di avere un giocatore fortissimo, lo inseriscono sempre nel quintetto titolare e possono davvero puntare in alto.
Trattiamo ora un argomento più generale. Si sta parlando da tempo, soprattutto nelle ultime settimane, di cori razzisti negli stadi. Argomento che può essere tranquillamente esteso a tutti gli sport, soprattutto al basket. Perché nel 2019 si presentano ancora questi fattacci? Cosa si dovrebbe fare per impedire queste discriminazioni?
Parlando un attimo del calcio, non dovrebbero assistere alle partite questi ultras, ma solamente persone normali che vanno a vedere una partita normale di calcio, stanno seduti ed esultano per la loro squadra, bona. Basta cori razzisti. Mi viene da pensare che questi insulti siano dovuti alla foga del momento, dalla frustrazione che si prova quando un avversario segna un punto decisivo. Credo sia un eccesso di rabbia. Criticare è normale, capita anche a me con i giocatori della NBA, ma non deve diventare un insulto, soprattutto di carattere razziale.
Riuscirà mai lo sport, ma anche il mondo in generale, a superare al 100% queste barriere, questa ignoranza?
Spero veramente di sì. Siamo tutti uguali in fondo. Esiste l’italiano che ha dei difetti, l’asiatico che ha dei difetti, l’europeo che ha dei difetti, l’africano che ha dei difetti e l’americano che ha dei difetti, però siamo tutti uguali, dobbiamo volerci bene o almeno imparare a convivere. Dobbiamo poter giocare e divertirci tutti assieme.
Oltre alla tua giovane esperienza come giocatore, hai avuto modo di misurarti come arbitro per diverse partite degli scoiattoli. Quali emozioni hai provato?
Ad inizio partita ero molto perplesso, molto preoccupato. Pensai: “Nel modo più assoluto, non voglio più arbitrare”. Col passare del tempo e dei singoli quarti di gioco però mi sono rasserenato. Ho finito nella maniera più tranquilla possibile.
A proposito di arbitri, capita spesso e volentieri, purtroppo, di leggere o sentir parlare di aggressioni fisiche e verbali agli arbitri, in qualsiasi sport. Perché succede questo e come dovrebbe invece comportarsi un atleta?
L’atleta dovrebbe rispettare le regole del gioco, gli avversari e i direttori di gara. Come detto prima, credo sia tutto dovuto alla rabbia del momento. Magari per un fallo inesistente fischiato, per un fallo tecnico, per un’incomprensione. Però malmenare e aggredire una persona per queste sciocchezze mi sembra poco ragionevole. E’ difficile impedire o prevenire queste cose, un arbitro potrebbe essere aggredito in qualsiasi circostanza purtroppo. Ci vorrebbero forti sospensioni, squalifiche. Però è difficile proteggere un arbitro, non porta con sé uno scudo.
E gli arbitri, a loro volta, dovrebbero reagire o rispondere alle provocazioni esterne?
Dipende. Un arbitro federale e professionista sa come rispondere e tranquillizzare l’ambiente. Un arbitro inesperto invece potrebbe finire più facilmente in scomode situazioni, come palesi offese o pestaggi. Bisogna saper gestire la situazione ma senza rispondere. Reagire sarebbe la cosa più sbagliata di tutte.
Quali sono gli elementi chiave di un giocatore di pallacanestro?
Voglia di giocare, passione, grinta, ossessione per la palla, essere un compagno e un amico, essere altruista quando serve, incitare sempre la squadra.
Prima di terminare l’intervista, hai la possibilità di rilasciare un’ultima dichiarazione, totalmente libera e personale, qualora ovviamente tu lo desideri.
Vorrei lasciare una frase motivazionale molto importante per me: la più grande vittoria di un uomo è vincere su sé stesso.
Ringraziamo l’atleta Davide Fini per averci concesso la realizzazione di questa quarta puntata, la primissima del 2019. Una puntata particolare che ci ha accompagnati fin oltreoceano per dibattere sul basket americano e su vari temi di ordine generale, riguardanti sempre la pallacanestro e lo sport.
Albert Einstein disse: “Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana”. Lo sport deve unire, non dividere. Lo sport deve accettare ogni cultura, ogni diversità, ogni persona. Lo sport deve essere unione, condivisione, divertimento e aggregazione. Se non si giudica un libro dalla sua copertina, perché lo si fa con una persona?
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A cura di Roberto Giusti